mercoledì 28 gennaio 2009

Rotta la tregua a Gaza

Gaza City. Attoniti e increduli gli abitanti della Striscia di Gaza accolgono la notizia della rottura della tregua con Israele da parte di guerriglieri armati, nella mattina del 27 gennaio, nei pressi del valico di Kissufim – aggressione rivendicata alcune ore dopo dai Comitati di resistenza popolare – e dell’immediata risposta dell’esercito di Tel Aviv. Negli scontri rimangono uccisi un soldato israeliano, un agricoltore gazawi e un giovane a bordo di una bicicletta, probabilmente membro dei Comitati. Tre soldati israeliani rimangono feriti.
Per tutta la giornata ci si chiede se l’episodio darà il via a una nuova escalation di violenza.

Ecco alcuni commenti raccolti nel pomeriggio di martedì:
“Non credo che la guerra riprenderà, non prima delle elezioni israeliane – sostiene Bassam Abu Oun, direttore di Radio Voce del popolo, emittente vicina al Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Intorno a lui i giornalisti in redazione si dicono pronti a lavorare 24 ore su 24, come durante i 22 giorni dell’operazione piombo fuso su Gaza, se fosse di nuovo necessario.

Nei negozi e negli uffici pubblici, riaperti da pochi giorni, le opinioni sono discordanti, ma la tensione rimane alta. “Questa guerra ha sorpreso tutti - commenta un giornalista gazawi dicendosi pronto per la prima volta in vita sua a lasciare la Striscia di Gaza insieme ai propri cari - E’ stata sorprendente e imprevista per intensità, durata, strategie militari”.

Ci si sforza di immaginare le prossime mosse di Tel Aviv, per poi decidere se chiudersi in casa o azzardarsi ad andare a trovare gli amici, per cena. “Potrebbero colpire Rafah, ma anche altre aree (la Striscia di Gaza ha una superficie di circa 40 km per 8-10, ndr). Tutto può essere - commenta un operatore umanitario di Jabalia, nel Nord, visibilmente in tensione – e la rottura della tregua offre a Israele un’ottima occasione per riaprire il fuoco”.

Per questo, il successivo attacco aereo notturno non sorprende nessuno.
E’ appena passata l’una di notte del 28 gennaio quando gli aerei F16 israeliani rompono la barriera del suono e cominciano il loro valzer. Tre raid aerei mirati sulla zona di confine fra la Striscia di Gaza e l’Egitto, a Rafah, là dove numerosi tunnel del contrabbando sono ancora in funzione, nonostante i ripetuti attacchi dell’operazione Piombo Fuso, scuotono il sonno degli abitanti, che scappano dalle proprie case, a ridosso della barriera del valico e delle ‘serre’ che nascondono l’ingresso dei tunnel.
Dopo la missione, il cielo di Gaza rimane per ore in balia degli F16 senza requie.

Per ingannare il tempo e non precipitare nella spirale dell’angoscia, c’è chi riaccende la televisione, chi ascolta musica, chi guarda fuori dalla finestra. Ma qualcuno non si accorge di niente e, al risveglio, ammette serenamente: “Ormai mi sono abituato”.

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