venerdì 30 ottobre 2009

La guerra nascosta in Medio Oriente

Da Avvenire, pag. 3 'in Vetrina', 17 Ottobre 2009, La guerra nascosta del Medio Oriente, Federica Zoja

Un nuovo ed esplosivo focolaio di tensione cova in Medio Oriente, sotto le sabbie della penisola arabica. In Yemen, storicamente teatro di conflitti tribali, politici e settari, gli scontri fra l’esercito regolare di Sana’a e i combattenti sciiti Huti, nelle aree di Sa’ada e Amran, sono riesplosi più violenti che mai l’undici agosto scorso, dopo neanche un anno di calma relative, e non accennano a diradarsi.

Con il rischio che la giovane Repubblica Unita (1990), ‘incastonata’ in un’area dai difficili equilibri, diventi suo malgrado il ring per un nuovo regolamento di conti internazionali. In primo luogo, quelli fra Arabia Saudita e Iran. Si intravede l’ombra di Teheran, infatti, dietro alle rivendicazioni Huti.

Su diversi fronti, la posizione geopolitica dello Yemen è più che mai delicata: il poroso confine Nord Orientale è infiltrato da membri dell’organizzazione terroristica Al Qae’da, oltre ad essere scosso dalla ribellione Huti; mentre a Ovest e a Sud, solo il Golfo di Aden separa il paese dai teatri di guerra del Corno d’Africa, da quello somalo e Sudanese; infine, in una prospettiva più ampia, la Repubblica yemenita riflette in piccolo l’acuirsi delle tensioni interne al mondo musulmano, fra l’Islàm sunnita, maggioritario, e quello sciita.

Ora Sana’a – indebolita dalla forte crisi economica, dalle onnipresenti tensioni interne con il Sud secessionista e da ripetuti attentati suicidi e sequestri a danni di stranieri – punta a ‘bonificare’ il Nord prima che la regione sfugga ad ogni controllo. E prima che la comunità internazionale punti i riflettori su quanto sta accadendo fra le montagne della penisola arabica.

Alle prese con l’insurrezione Huti dal 2004, il governo non sembra disponibile ad accogliere le rivendicazioni dei ribelli, né tanto meno ad aprire corridoi umanitari regolari per convogliare gli aiuti Onu alle migliaia di sfollati: in modo sporadico, Croce Rossa Internazionale e Medici senza frontiere raggiungono i feriti con derrate alimentari e medicine. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha allestito alcuni campi, fra cui quello di Al Mazraq, ma non ha accesso alle zone più interne. Né vi hanno accesso i mezzi di comunicazione: la Guerra in corso non ha copertura diretta.

Il quadro che si ricava dai media arabi, yemeniti e non (Al Jazeera, Al Arabiya, Saba News Agency, Yemen Observer, con fonti militari o testimonianze di sfollati) è quello di una escalation di violenza, con centinaia di vittime non solo fra gli insorti, ma anche fra la popolazione civile locale, soprattutto a causa degli ultimi raid dell’aviazione. E sono decine di migliaia gli sfollati (in poco più di un mese, oltre 100.000 persone secondo l’organizzazione umanitaria Oxfam, ndr), alcuni ammassati nei campi nei governatorati adiacenti Sa’ada (Al Amran, Al Jawf, Al Hajjah), altri ancora intrappolati dietro il fronte dei combattimenti.

(…) Fra attentati suicidi a istituzioni e strutture pubbliche, rapimenti di stranieri (una famiglia tedesca e un cittadino inglese sono ancor sotto sequestro, ndr) e agguati sulle strade interne, è il quadro generale della sicurezza in Yemen ad essere precipitato dall’inizio del 2009. Come se il paese fosse diventato un laboratorio, una serra in cui maturano interessi, contraddizioni e incomprensioni propri dell’intera area. Tutto questo malgrado “per molti versi, il più aperto sistema politico della penisola Arabica, impegnato nello sviluppare gli strumenti di uno Stato moderno e a cooperare con gli sforzi internazionali per sradicare la rete di Al Qae’da” (International Crisis Group, rapporto del maggio 2009).