venerdì 19 novembre 2010

Blogger egiziani nel mirino

Quando un regime trentennale dall'apparenza monolitica ha paura di un ventenne “internettiano” e dei suoi compagni “smanettoni”, forse è ora di dubitare sulla sua stabilità e rimanere in ascolto per percepirne gli scricchiolii.

Soprattutto perché il giovane in questione, Abdel Kareem Nabil Suleiman, 26 anni, unico blogger egiziano ad aver scontato una pena detentiva (di quattro anni) per i suoi scritti sul web, ritenuti altamente diffamatori nei confronti del presidente Hosni Mubarak e della fede islamica, non sembra più in grado di nuocere a nessuno.

Ma, evidentemente, marcire fino al 5 novembre scorso nel carcere di Burg El Arab, ad Alessandria d'Egitto, è stato giudicato dalle autorità insufficiente: Abdel Kareem, secondo le ricostruzioni della stampa indipendente e delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, è stato subito riacciuffato dai servizi segreti egiziani, arrestato senza che gli fossero notificate nuove accuse (ma questa non è una novità in un Paese in cui, dal 1981, vige la legge marziale) e sbattuto in cella per altri 12 giorni.

Fino al 17 novembre, quando la famiglia ha potuto riabbracciare la brutta copia del proprio caro. In quei 10 giorni supplementari di “rieducazione”, il blogger ha ricevuto un messaggio chiaro: sei libero, ma non ti azzardare ad aprire mai più la bocca.

Ai tempi del suo diario in rete, Nabil scriveva con il nom de plume Kareem Amer e metteva alla berlina le magagne del governo, dell'Islàm conservatore, che ha preso piede nel Paese negli ultimi vent'anni, e della moschea universitaria di Al Azhar, in cui studiava giurisprudenza.

Della millenaria istituzione, punto di riferimento di tutti i sunniti nel mondo, Kareem Amer diceva: «L'università del terrorismo». E poi ancora: «I musulmani hanno rivelato il loro vero spaventoso volto, mostrando al mondo che sono brutali, barbari e inumani».

Il giudice che lo ha condannato ha riportato un altro commento del blogger sovversivo: il profeta Mohammed e i suoi adepti sono «”versatori” di sangue».
Ed è stata proprio questa sua presa di posizione anti-islamista, con toni senza precedenti, ad averlo reso vulnerabile: si fosse limitato alle critiche al regime, Kareem Amer avrebbe trovato consensi trasversali nelle file dell'opposizione, laica e religiosa. E probabilmente sarebbe rimasto in carcere qualche settimana, senza sentenza, come avvertimento. Quello che è successo ad altri suoi “colleghi” di dissidenza sul web.

Ma parlar male della religione proprio no. Ammettere che esiste un problema “integralismo islamico” non è cosa. D'altronde, quanto ascolto possono avere le voci controcorrente in un Paese in cui, nel pieno centro della capitale, un anno fa una prestigiosa gelateria cercava “commessi, solo uomini, musulmani praticanti”?

Dal novembre 2006, data del suo primo arresto, Abdel Kareem Nabil Suleiman ha ricevuto l'appoggio di numerose sigle internazionali, fra cui Reporters senza frontiere e il Comitato per la protezione dei giornalisti, che hanno considerato i suoi interventi in rete e quelli di altri blogger egiziani una forma di giornalismo a tutti gli effetti, vissuto sul campo, ad alto contenuto informativo proprio perché gratuito.

Come quelli di Wael Abbas (misrdigital.blogspirit.com), Nawara Negm (tahyyes.blogspot.com), Alaa Abd El Fatah e sua moglie Manal (www.manalaa.net), Rehab Bassam (www.rehabbassam.com), Yasser Thabet (yasser-best.blogspot.com), Zeinobia (egyptianchronicles.blogspot.com), o gli “aggregatori” Omraneya (www.omraneya.net), Baheyya (baheyya.blogspot.com), The Egyptian blog (theegyptblog.blogspot.com).

Gli argomenti di cui tratta la comunità, “fiorita” insieme a una stagione di rinnovato attivismo politico nel biennio 2004-2005, sono i più vari e intrecciati fra loro (arte, cultura, società, politica, religione), ma è ovvio che sul web abbiano trovato sfogo naturale tutti coloro le cui opinioni sono censurate nella vita quotidiana. A scuola, all'università, sul lavoro, in moschea, in famiglia.

Per non parlare di quelli nati in occasioni specifiche: per esempio, per lo sciopero degli operai del cotonificio di Mahalla El Kubra, il più grande di tutto il Medio Oriente, asserragliati dentro lo stabilimento circondato dall'esercito e in contatto con il mondo solo grazie al web.

In poco più di cinque anni i blogger hanno denunciato e documentato casi di corruzione, tortura, discriminazione sessuale, violenza settaria come mai prima. Hanno suscitato dibattiti infuocati nell'opinione pubblica per poi scomparire nella rete, talvolta individuati dai servizi segreti e più spesso no.

Ora, a dieci giorni dalle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea popolare, la Camera bassa del Parlamento egiziano, mentre gli Stati Uniti premono sul Cairo affinché accetti la presenza di osservatori internazionali per controllare la trasparenza del voto, il regime guidato da Hosni Mubarak, 82 anni, lancia segnali di irrigidimento: rifiuta, attraverso i canali ufficiali e gli organi di stampa nazionali, qualsiasi ingerenza esterna nella propria politica; fa arrestare esponenti di spicco della Fratellanza musulmana, unico vero movimento di opposizione in grado di mettere in discussione il potere assoluto del Partito nazionale democratico (Ndp); ostacola raduni politici e dibattiti, o li “imbottisce” di agenti dell'intelligence in borghese.

E libera sì un blogger noto su scala internazionale (per Abdel Kareem si sono mobilitate associazioni statunitensi, inglesi, francesi, svedesi), ma terrorizzato e invecchiato di vent'anni.

La situazione, per i dissidenti, potrebbe peggiorare il prossimo anno, all'avvicinarsi delle elezioni presidenziali. Il voto 2011 potrebbe sancire il passaggio dei poteri dal presidente, che sta ultimando il quinto mandato consecutivo, e un successore: forse il figlio Gamal, forse un alto esponente dell'Ndp.
Per questo le legislative del 28 novembre rappresentano l'apertura di una stagione dagli esiti tutt'altro che certi.

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