mercoledì 10 novembre 2010

L'Egitto sperimenta le quote rosa

Rivoluzione in vista all'Assemblea popolare egiziana, la Camera bassa del Parlamento, il cui rinnovo è previsto per il 28 novembre, quando avrà inizio il lungo processo elettorale. Un sistema di “quote rose” permetterà a un blocco di 64 deputate su 508 deputati di sedere nell'emiciclo, dopo aver convinto gli elettori anche in quei governatorati storicamente conservatori.

Come ad Asiut, nel cuore dell'Egitto rurale, dove Mona Al Qurashi, membro del politburo di Al Wafd, la Delegazione, partito liberale nazionalista all'opposizione, e candidata alle prossime elezioni: «Finora Asiut è sempre stata rappresentata solo da uomini, si trattava di un seggio ereditato di generazione in generazione da alcune famiglie, adesso le cose cambieranno».

Ora Mona dovrà competere contro altre donne, un migliaio, per uno dei 64 posti “dedicati” alle deputate, ma i suoi problemi sono altri, difficilmente sradicabili: «Uno degli ostacoli che sto incontrando è che non sono velata, tutte le donne ad Asiut lo sono. Comunque, cristiani e intellettuali apprezzano il mio coraggio e questo mi dà energia».

Mona non è un'outsider nella sua famiglia: il padre, Al Qurashi Pasha, è stato uno dei fondatori del distretto di Asiut e chissà che proprio questo precedente illustre non la aiuti «a essere accettata dagli elettori».

Ma c'è anche chi vorrebbe competere alla pari senza bisogno di fare parte di una riserva protetta, come Manal Abul Hassan, che a Nasr city, alla periferia del Cairo, cercherà di sfidare il ministro del Petrolio Sameh Fahmy.

Per il momento, la commissione incaricata di vagliare le candidature non ha ancora resa nota la lista definitiva degli idonei a presentarsi.

Per Manal, esponente della Fratellanza musulmana (ma dovrà candidarsi come indipendente, perché la confraternita non è legale in Egitto), ormai «le donne partecipano a qualsiasi aspetto della vita sociale e non ci sono discriminazioni fra uomini e donne».

Un punto di vista che spiazza gli osservatori della scena politica egiziana, abituati a constatare, forse anche troppo, la penalizzazione delle donne man mano che nel Paese prende piede l'islamizzazione della società.

Eppure, sono proprio le donne militanti nelle associazioni islamiste a combattere in prima linea per i loro diritti, ma senza sbandierarlo. Mettendo piuttosto in primo piano l'impegno per i giovani, la scuola, lo sviluppo economico.

Le donne del Partito nazionale democratico (Ndp) di Hosni Mubarak, invece, per quanto numerose e presenti in modo capillare su tutto il territorio, hanno per ora optato per toni poco battaglieri, forse da candidate “blindate” e sicure di arrivare in Parlamento senza difficoltà.

A Sharqiya, per esempio, sono ben 131 le donne dell'Ndp decise a competere: per loro, la gara è tutta interna, perché sono consapevoli di avere la strada spianata per l'Assemblea popolare rispetto alle esponenti delle opposizioni, candidate zoppe già dal principio.

La messa a punto di una quota obbligatoria per le signore della politica non sarebbe stata possibile senza l'intervento del Consiglio nazionale per le donne, che ha lanciato una campagna di comunicazione a tappeto in tutto il Paese, al ritmo di uno slogan semplice ma acuto: “Compagne nella vita, compagne in Parlamento”.

Parte dell'iniziativa ha previsto una “formazione” sul campo anche delle elettrici, perché talvolta sono proprio loro le più restie a eleggere altre donne: per mancanza fiducia, poca stima, preconcetti più radicati che negli uomini.

Un paradosso che però ben spiega perché le donne egiziane, pur essendo in maggioranza rispetto ai loro compagni su 80 milioni di cittadini, facciano fatica a difendere i propri diritti. Secondo il quotidiano filo-governativo Al Ahram, solo il 41% degli iscritti al voto di fine novembre sono donne.

La nuova legge “rosa”, approvata in giugno, ha provocato aspri dibattiti: c'è chi, infatti, ritiene sia controproducente, destinata a ghettizzare ancora di più le egiziane. Altri invece sostengono che sia l'unico modo per garantire la presenza femminile e addirittura “obbligare” le donne a impegnarsi in politica in tutti i governatorati.

Ma solo il tempo dirà se l'esperimento darà gli effetti desiderati dalla normativa: per due legislature le signore saranno “accompagnate” nel loro ingresso in Parlamento, poi dovranno camminare da sole a testa alta.

http://www.lettera43.it/articolo/2330/legitto-sperimenta-le-quote-rosa.htm

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