lunedì 15 novembre 2010

Hajj, fra sacro e profano

Ci siamo, anche quest'anno i luoghi santi dell'Islàm sono stati presi d'assalto da centinaia di migliaia di fedeli musulmani provenienti da tutto il mondo. Per la maggior parte di loro riuscire ad assolvere a uno dei Pilastri della fede, il pellegrinaggio maggiore, l'Hajj, è tutt'altro che scontato visto che lo stesso profeta Mohammed, prevedendone gli ostacoli, aveva precisato che l'obbligo era da ritenersi valido a meno di gravi impedimenti economici o di salute.

Ma come qualsiasi manifestazione umana ogni anno i giorni di meditazione rituale in Arabia Saudita portano con sé polemiche e discussioni: agli occhi di Allah i pellegrini saranno anche tutti uguali, ma il loro modo di affrontare l'esperienza nella loro terra santa non è affatto identico.

È il boom di alberghi di lusso intorno ai luoghi di preghiera che non cessa di accendere grandi dispute, e la stampa araba non fa che dare fiato al sentimento anti-saudita dilagante nella Umma mondiale, la comunità musulmana: come dire, in mondo più o meno chiaro, “non siete degni di ospitare i luoghi in cui Mohammed è vissuto”.

Ed ecco fiorire gli esempi di pellegrini a sette stelle, quelli che spendono anche 12 mila euro per il loro soggiorno spirituale e mal sopportano di mescolarsi agli altri per svariate ore, senza che nessuno riconosca il loro status. Gli hotel svettano intorno alla Grande moschea, nel cui cortile i fedeli si muovo in cerchio intorno alla Kaaba, e, nei sogni delle autorità, presto ne sorgeranno altri più belli.

E la moschea stessa sarà ampliata per accogliere più pellegrini: non era questo l'obiettivo di Mohammed stesso? Far sì che tutti possano recarsi alla Mecca liberamente? Oppure il business ha preso la mano agli amministratori locali?
Effettivamente le cifre potrebbero dare alla testa a chiunque, benché pio e rispettoso del volere di Allah. Si calcola che il giro d'affari che interesserà Mecca e Medina nei prossimi 10 anni sarà pari a 120 miliardi di dollari. Nella sola Mecca saranno investiti 20 miliardi di dollari in progetti di sviluppo fra infrastrutture e accoglienza (un metro quadro costa 13 mila dollari alla Mecca, ndr).

Ma nello stesso regno saudita non tutti sono contenti: la prospettiva che i pellegrini possano arrivare anche a quattro milioni quest'anno e che i locali non siano mai interpellati prima dell'avvio di nuovi lavori non va giù a intellettuali e “laici” (laici rispetto alle gerarchie religiose, ndr).
La critica non trova spazio nell'arena politica, visto che non esistono elezioni parlamentari in Arabia Saudita.

Fra le voci più agguerrite vi è quella di Raja Alem, novellista, autrice di “Tawq Al Hamam”, “Il collare delle colombe”, nemica giurata di corruzione, affarismo, distruzione dei luoghi storici e di valore artistico. Mentre l'editorialista saudita Mahmoud Sabbagh si è più volte schierato contro i paradossi del nuovo corso consumistico: ma come, l'Hajj dovrebbe essere un'esperienza di profonda vicinanza con Dio all'insegna dell'umiltà eppure c'è chi ne trascorre una parte nuotando in piscina all'ultimo piano di un albergo che fa ombra alla Kaaba? E c'è chi come Irfan Al Alawi, teologo islamico con sede a Londra, non ha esitato a prendere l'esempio cristiano per rafforzare le proprie critiche: «Il Vaticano non permetterebbe mai lavori del genere all'interno della propria area sacra».

Lungi dal riguardare solo un miliardo e mezzo di musulmani, la “battaglia” in corso sotto il sole saudita rappresenta la summa delle contraddizioni umane: alla Mecca si scontrano ogni giorno materialismo estremo e desiderio di spiritualità.

http://www.lettera43.it/articolo/2646/islam-pellegrini-a-5-stelle.htm

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