giovedì 11 luglio 2013

Il movimento sorto dal nulla


Il “movimento sorto dal nulla”, così Tamarod (in italiano Ribellione, ndr) è stato a più riprese etichettato dagli organi di stampa, giunge oggi nelle piazze egiziane con il suo carico di scontento nei confronti del presidente della Repubblica Mohamed Morsi e del blocco di potere islamista - moderato e conservatore insieme – che ha preso le redini della nazione un anno fa. 

Dopo la determinazione dimostrata dalla rivolta popolare del 2011, non sorprendono più le immagini della folla decisa a fare sentire la propria voce. Eppure l'effetto sorpresa di questa nuova fase della Primavera egiziana c'è tutto, perché questa ribellione è altro ancora. 

Innanzitutto è più giovane, anagraficamente e politicamente: a un nucleo di attivisti di lungo corso, nel ruolo di coordinatori, fa da manovalanza un fiume di volontari, in maggioranza sotto i 30 anni, che hanno trasformato un piccolo appartamento di Wust al-Balad, il quartiere centrale del Cairo, nel cuore pulsante della protesta popolare. 

Poi, Tamarod non ha cercato il supporto dei cosiddetti partiti di opposizione organizzati, non ha ambizioni per le elezioni parlamentari del prossimo ottobre, non ha piattaforme programmatiche. Dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni si deduce che gli stessi fondatori non avrebbero mai potuto immaginare un boom di adesioni simili: secondo gli ultimi conteggi, dal 28 aprile scorso, 22 milioni di egiziani hanno sottoscritto la petizione per l'interruzione anticipata del mandato presidenziale (altrimenti in essere fino al giugno 2016, ndr), scaricandola da internet e firmandola con tutti i propri riferimenti. 

Ha spiegato Ahmed Adel, 27enne di professione grafico, fra gli ideatori dell'iniziativa: “Abbiamo iniziato a far circolare il foglio nelle strade del Cairo e, nel giro di dieci giorni, avevamo già 2 milioni di firme”. Solo a treno partito, gli emissari delle varie sigle rivali dei Fratelli musulmani hanno cominciato a fare capolino, chiedendo: “In che modo possiamo aiutarvi?”. 

E pensare che i portavoce di Kefaya (Basta!), movimento anti-Mubarak nato nel 2004, avevano annunciato a metà maggio: “Tamarod non nasce sotto gli auspici di Kefaya”. Nelle ricostruzioni giornalistiche di mezzo mondo, invece, è il volto di Mohamed al-Baradei, del Fronte di salvezza nazionale, a dominare la scena. Lui che, nei sondaggi nazionali, è noto solo a un egiziano su quattro. 

“Tamarod sta superando tutti i predecessori per originalità, organizzazione e impeto”, ha scritto l'editorialista Azmi Ashour sul quotidiano filo-governativo al-Ahram, individuando nella “semplicità” l'asso nella manica della petizione, la prima efficace nella storia del Paese. E poi, è vincente la “trasversalità” della protesta, che “va là dove i politici professionisti non possono andare”: in tutte le case, “senza differenze di credo religioso”, né di classe sociale di appartenenza, né di area geografica. 

Con tutta “l'efficacia dei social network”, utilizzati con una nuova consapevolezza: oggi in piazza c'è Tahrir 2.0.. Infine, Tamarod fa appello “ai valori essenziali di una nazione, condivisibili da tutti”, conclude Ashour. Quindi, al di là delle analisi sociologiche, per dirla alla maniera dei rivoltosi: l'uomo politico Morsi è “un fallimento in tutti i sensi del termine.. inadatto ad amministrare un Paese delle dimensioni dell'Egitto”. 

(Federica Zoja per Avvenire, 28 giugno 2013)

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