mercoledì 17 ottobre 2007

Fantasmi neri

Un seminario come tanti all’Università americana del Cairo. E’ di scena l’immigrazione illegale nel mondo, con tutti i suoi risvolti economici. La star della serata è una sofisticata docente statunitense, longilinea come i suoi antenati – probabilmente centro-africani – ma di pelle nocciola. Preparata e puntuale nel seguire la sua scaletta, lascia spazio alle precisazioni degli esperti in sala. Tripudio di globalizzazioni, macrosistemi economici, strategie e progetti.
Poi, quando manca poco al ‘rompete le righe’… Zzzzac. Una freccia attraversa l’aria e colpisce nel segno. In un attimo, scompaiono teorie e trattati, modelli e ipotesi.

“I rimpatriati in Egitto, i sudanesi e i ghanesi cacciati indietro da Israele, sono ancora immigrati illegali o il loro status cambia?”. Niente giri di parole, dritto al cuore. A pronunciare la domanda è uno studente sudanese, in piedi fra tanti compagni, il microfono stretto in mano come un’ancora di salvataggio.
Il suo non è un dubbio teorico, un esercizio di fine intelletto. Chiede informazioni per la sua famiglia, per i suoi amici, per la sua gente, per tutti gli aspiranti rifugiati, in fuga dall’Africa subsahariana, che stanno cercando da mesi – anche ora, in questo momento – di entrare in Israele clandestinamente. E se questo vuol dire, pur fallendo l’impresa, ottenere un riconoscimento dal Cairo, vale la pena di farsi sparare addosso alle frontiere del Sinai. E’ questo che pensa, ce l’ha scritto in fronte.

Una professoressa più anziana capisce al volo e mette fine al sogno, prima che generi illusioni e tragedie: “Lo so, ci sono voci in tal senso. Ma vi devo deludere, niente accordi in vista fra i due paesi, nessun permesso di soggiorno per i rimpatriati. Ditelo ai vostri cari”.
La bella oratrice invece non parla. Guarda smarrita gli studenti, vive al Cairo da due anni ma ammette di non conoscere la legislazione egiziana in tal senso.
Cioè: insegna al Dipartimento di Legge, si occupa di immigrazione internazionale… E in 24 mesi non ha ritenuto di suo interesse capire come vivono 300.000 – come minimo, ma fonti non ufficiali dicono anche un milione – ‘fantasmi sudanesi’. Per non parlare di eritrei, etiopi, ghanesi, ecc.

In attesa della tessera da rifugiato, concessa dall’Unhcr solo in casi ben documentati, il profugo è invisibile in Egitto: niente carta d’identità, quindi niente lavoro, scuola, assistenza sanitaria. Non torna indietro e non può partire per un paese terzo. Non lo vuole nessuno, soprattutto se malato.

E se non fosse così nero, sarebbe meglio, che risalta troppo nonostante lo smog.

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