giovedì 24 novembre 2011

Cercasi leader disperatamente

A 2 anni dal suo rientro in patria dopo una carriera diplomatica che lo ha portato alla direzione generale dell'Agenzia internazionale delle Nazioni unite per l'energia atomica (Aiea, 1997-2009), per Mohammed Mustafa El Baradei (giugno 1942, Cairo) potrebbe essere finalmente giunta l'ora di un incarico di prestigio.

Se, infatti, il Consiglio supremo delle forze armate (Csfa) e i principali attori politici coinvolti nelle trattative di queste ore giungeranno a un accordo intorno al suo nome, sarà lui il nuovo primo ministro egiziano. Si presuppone, tuttavia, che si tratterebbe di un incarico temporaneo, visto che i cittadini saranno chiamati a rinnovare, mediante un lungo processo elettorale, la Camera bassa del Parlamento fra il 28 novembre e la prima metà di gennaio. E all'insediamento della nuova assemblea dovrà corrispondere un governo che ne rifletta composizione ed equilibri.

La figura del premio Nobel per la pace (nel 2005, insieme all'istituzione di cui era direttore) é nota alla comunità internazionale soprattutto per la sua opposizione all'intervento militare americano in Iraq (2003), che Washington motivò con la presenza di armi di distruzione di massa nel Paese arabo. La storia diede ragione al diplomatico egiziano, che aveva affiancato Hans Blix durante le ispezioni Aiea e aveva escluso l'esistenza di armi nucleari o chimiche in Iraq.

Ma sul politico Mohammed El Baradei finora si é capito poco, come hanno messo in evidenza i media egiziani. Tornato in Egitto all'indomani del pensionamento (dicembre 2009), El Baradei ha cercato di raggruppare sotto la propria leadership le diverse anime dell'opposizione laica al regime di Hosni Mubarak, creando l'Alleanza per il cambiamento (febbraio 2010). Confuse e contraddittorie le mosse successive: il corteggiamento della Fratellanza musulmana e la partecipazione in prima fila alle più importanti celebrazioni religiose islamiche; gli ammiccamenti alla comunità cristiana copta e gli incontri con il patriarca Shenouda III; gli abboccamenti con Amr Moussa, ex segretario della Lega Araba, e frequenti viaggi all'estero per colloqui informali con i principali partner economico-politici dell'Egitto.

Un lavorìo frenetico in tutte le direzioni, probabilmente in vista di uno scontro con Mubarak alle presidenziali del 2011, ma senza mai presentare una piattaforma programmatica. La primavera egiziana ha scosso El Baradei. Era la fine di gennaio quando, mostrandosi in piazza Tahrir in mezzo ai dimostranti sosteneva: “Mubarak se ne deve andare” e invocava riforme democratiche. In quel frangente storico, a dargli popolarità e autorevolezza ci hanno pensato le forze di polizia, costringendolo agli arresti domiciliari, e gli islamisti, appoggiando il suo nome per la guida di “un governo di salvezza nazionale”.

Ora, verrebbe da dire, ci risiamo. Il regime – sempre quello di prima, solo orfano del Faraone Mubarak – traballa, gli islamisti moderati orchestrano una via d'uscita e il moderato Mohammed El Baradei non scontenta nessuno. Ma tale fiducia potrebbe rivelarsi un trabocchetto: una premiership di basso profilo rischia di 'bruciare' le ambizioni presidenziali del politico, troppo mite e sobrio per l'arena egiziana, secondo quanti lo hanno incontrato nella sua villetta alla periferia del Cairo.

Intanto, per uscire dall'ombra, El Baradei denuncia i crimini dell'esercito e comunica con il mondo via Twitter: che nessuno dica che è lontano dai giovani.

(Federica Zoja su Avvenire del 24 Novembre 2011)

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