giovedì 14 ottobre 2010

La fiction della discordia

E alla fine, dopo settimane di polemiche e dibattiti infuocati sui principali mezzi di comunicazione egiziani, la fiction Al Gamaa, in arabo “il gruppo”, dedicata alla storia della Fratellanza musulmana e messa in onda dalla tv pubblica egiziana durante il mese di Ramadan (quest’anno ad agosto) con alti indici di gradimento, non sarà ritrasmessa fino a dopo le elezioni parlamentari, previste per la fine del mese di novembre.

Il serial potrebbe «influenzare gli elettori» ha sostenuto Osama Al Sheikh, direttore dell’Unione della radio e televisione egiziana, Ertu, che si è affrettato, come da consuetudine nella repubblica nordafricana guidata con pugno di ferro dal presidente Hosni Mubarak, a smentire qualsiasi pressione da parte dei servizi segreti, i famigerati mukhabarat.

In realtà, si è difeso Osama Al Sheikh, il contratto di Al Gamaa prevedeva tre mesi di scarto fra una messa in onda e quella successiva. Dunque, niente broadcasting prima del 29 novembre, data di inizio del processo elettorale a più tornate per il rinnovo dell’Assemblea popolare, la Camera bassa del Parlamento.

Le insicurezze del regime

La vicenda ha messo in evidenza, in un periodo delicato per la scena politica egiziana, le insicurezze insospettabili di un regime fra i più inamovibili nel mondo arabo e nel continente africano in genere.

Insospettabili perché, in quasi 30 anni di presidenza Mubarak e dominio incontrastato del Partito nazionale democratico, Ndp, nessuna minoranza è mai stata in grado di impensierire seriamente la leadership egiziana.

Nessuna tranne la Fratellanza, ufficialmente bandita dalla vita politica, ma nella pratica presente in Parlamento con 88 deputati eletti nel 2005 come indipendenti. Il cosiddetto “blocco degli 88” rappresenta circa un quinto dei deputati, complessivamente 444 eletti e 10 di nomina presidenziale.

E chissà quale risultato potrebbero raggiungere i Fratelli se la maggioranza lasciasse loro uno spiraglio maggiore.

Un movimento diffuso in modo capillare

Gli Ikhwan, i Fratelli appunto, nati in Egitto per iniziativa dell’insegnante Hassan Al Banna nel 1928 e costretti alla clandestinità dal 1954 perché considerati responsabili del tentato assassinio del presidente Gamal Abdel Nasser, costituiscono l’unico vero partito di opposizione in Egitto.

Diffuso in modo capillare sul territorio e nella società con rappresentanti nei principali sindacati e ordini professionali, nelle associazioni studentesche, nei centri culturali e ricreativi, il movimento è ormai un fenomeno che ha poco di sommerso. Per motivi di sicurezza, non esistono liste di affiliazione, ma i membri, soprattutto i più giovani, non esitano a rivelare la propria fedeltà alla guida suprema Mohammed Badie.

E Badie stesso ha dichiarato il 7 ottobre l’intenzione di partecipare al voto parlamentare puntando alla conquista del 30% dell’assemblea popolare.

Finora la leadership egiziana ha dato l’impressione di saper controllare e reprimere l’ascesa della Fratellanza su più livelli: con il congelamento delle risorse finanziarie, con la messa al bando di qualsiasi partito di ispirazione religiosa, con l’incarcerazione degli esponenti di spicco del movimento.

Tutto inutile, hanno commentato alcuni osservatori della scena politica egiziana, se è vero che una soap opera storico-romanzata costata 50 milioni di lire egiziane (un euro equivale a circa sette lire egiziane, ndr) è percepita come una pericolosa operazione di maquillage della Fratellanza.

Bene o male, l’importante è che se ne parli

Al Gamaa sembra aver scontentato un po’ tutti. Non è piaciuta alla maggioranza politica e alle opposizioni laiche perché ritenuta troppo indulgente con gli Ikhwan. In seno alla Fratellanza è stata criticata perché, al contrario, troppo filo-governativa. Ha indignato Saif Al Islàm Al Banna, figlio del fondatore del movimento, per il modo in cui è stato rappresentato il padre ed è passato alle vie legali contro gli sceneggiatori.
Per non parlare di alcuni teologi, scandalizzati per una sura del Corano riportata erroneamente.

Ma questo “polpettone” egiziano, che presto farà il giro dei network arabi, ha regalato al maggiore movimento islamista al mondo una pubblicità insperata, a spese dello Stato.

http://www.lettera43.it/articolo-breve/859/la-fiction-della-discordia.htm

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