venerdì 10 dicembre 2010

Ai jihadisti piace patinato

Si chiama Inspire magazine e si rivolge ai fedeli musulmani anglofoni scontenti, quelli che non hanno ancora individuato un punto di riferimento adeguato nella galassia mediatica: la nuova testata, a cadenza periodica variabile sul web, è patinata, pettegola, esteticamente curata. Ma soprattutto, veicola contenuti “originali”: foto, approfondimenti e interviste dedicati al mondo del... Jihad islamico.

Ecco perché c'è chi parla già del Vanity fair di Al Qa'ida. Fin dal primo numero, Inspire ha cercato di fare colpo con titoli “esplosivi” come “Fabbrica una bomba nella cucina di tua madre”, firmato da un giornalista specializzato qualificatosi come AQ Chef (il capo oppure il cuoco di Al Qa'ida?).

La rete terroristica fondata dall'ingegnere di origini yemenite Osama Bin Laden ha sfruttato le potenzialità di internet, dei social network e della piattaforma YouTube fin dall'inizio delle proprie attività, sviluppando anche “cellule editoriali” ad hoc.

Quella che si occupa della realizzazione di Inspire ha base nello Yemen e dimostra un fiuto per la propaganda e le esigenze del mercato fuori dal comune: “Che cosa aspettarsi dal Jihad”, editoriale scritto in un american english giovane e contemporaneo, testimonia attenzione per quei giovani musulmani indecisi, sulla soglia del terrorismo militante, che necessitano di una strizzata d'occhio per fare il salto decisivo.

Si potrebbe pensare alla trovata di qualche burlone, ma secondo gli specialisti dell'Fbi e di alcuni esperti di think tank (Georgetown university, Site intelligence group, Potomac institute) la testata è davvero frutto di Al Qa'ida nella penisola araba, Apac. Lo dimostrerebbero la retorica estremista anti-occidentale, l'immaginario sanguinario, il culto della morte e del sacrificio, la conoscenza di un'epica del Jihad presente e passata.

Oltre a firme eccellenti come Anwar Awlaki, imam radicale cresciuto negli Stati Uniti e ritenuto responsabile della formazione di alcuni giovani jihadisti, come l'anglo-nigeriano Umar Farouk Abdul Mutallab, 24 anni, aspirante martire sul volo per Detroit del Natale 2009.

Il terzo numero, edito a fine novembre, è stato ritenuto dalla Cia il più allarmante, tutto focalizzato sugli aerei cargo individuati a Dubai e Londra con a bordo pacchi esplosivi di provenienza yemenita. Un'edizione speciale con istruzioni ai lettori su come imbottire altri velivoli cargo oppure civili, non tanto, o meglio non solo, per causare la morte di passeggeri occidentali, ma soprattutto per costringere i governi bersaglio a spendere somme ingenti in misure di sicurezza.

Significativamente, questa operazione è stata denominata dal magazine Emorragia. Per chi vorrà cimentarsi nell'impresa, l'equipaggiamento consiste in: due cellulari Nokia, ciascuno del valore di 150 dollari, due stampanti Hp per una spesa di 600 dollari (ci sarà un accordo di marketing con i due brand?), oltre a costi di spedizione dei pacchi e varie per la logistica. Per un totale di 4200 dollari.

Il servizio di Inspire è corredato dalle foto del volume che era contenuto nei pacchi rinvenuti, il romanzo di Charles Dickens “Grandi speranze”.
Gli osservatori sono divisi sull'effettiva pericolosità di questo tentativo di reclutamento via magazine, ma su di un aspetto sono concordi: se Al Qa'ida ha sempre puntato su azioni ad alto impatto, Apac invece preferisce un profilo più basso e meno dispendioso.

Inspire è stato preceduto sulla rete dal magazine I difensori della verità, sempre in inglese ma con titolo e impaginazione meno accattivanti, realizzato dalla Rete islamica di Mosul.

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