Torna
la violenza in Bahrein, piccolo emirato al largo della penisola
arabica in cui una minoranza musulmana sunnita (30%) regna sulla
maggioranza sciita. Lì, la primavera araba non ha dato alcun frutto
democratico, ignorata dai media mediorientali, tutti finanziati da
monarchie sunnite, e da quelli occidentali.
La ragione è semplice:
gli sciiti del Bahrein hanno dalla loro un amico che fa paura a
molti, l'Iran degli ayatollah. E così, anche le aspirazioni più
nobili, le stesse dei rivoluzionari tunisini ed egiziani, sono
rimaste senza voce oppure sono state sminuite.
Ora la grande
occasione di farsi ascoltare, offerta dallo sport: con il Gran premio
di Formula uno di oggi, in programma a Manama, i riflettori del mondo
sono puntati sul piccolo arcipelago del Golfo persico. Da qui le
manifestazioni contro l'appuntamento sportivo, percepito come
offensivo in un frangente storico tanto complesso, e la rabbia
scatenata contro le forze dell'ordine. Alla vigilia del Gp, dopo ore di scontri
durissimi, il cadavere di un giovane uomo è stato ritrovato nel
villaggio di Shakhura, a 30 km dalla capitale, nella zona in cui si è tenuta una manifestazione.
Il
decesso è stato confermato dal ministero dell'Interno sull'account
ufficiale del social network Twitter: nessuna ricostruzione ufficiale
di quanto accaduto è stata fornita. Impossibile, però, negare la
gravità degli avvenimenti dopo che Internet
è stata sovraffollata dalle immagini degli agenti del regno intenti
a sparare lacrimogeni, getti d'acqua e, in alcuni casi, anche
proiettili veri.
Uno dei parenti della vittima, identificata come
Saleh Abbas Habib, 37 anni, ha raccontato che l'uomo “aveva
partecipato a una manifestazione di protesta”. Arrestato, “non è
più tornato a casa”, ha riferito il familiare. Il suo corpo senza
vita si trovava sul tetto di una casa.
Le proteste in Bahrein,
soffocate una prima volta un anno fa e poi più volte nel corso
dell'anno anche grazie al sostegno logistico dell'Arabia saudita, non
colgono di sorpresa: saputa la data dell'evento automobilistico, il
movimento giovanile 14 Febbraio ha convocato sui social network
quelli che sono stati chiamati i tre giorni della Rabbia.
Ora si
attende di capire se, come chiesto dalla principale forza di
opposizione, al-Wefaq, tutta la settimana sarà consacrata alle
proteste per piegare il sovrano Khalifa bin Salman Ali Khalifa a
concedere alcune riforme. Ma il principe ereditario Salman bin Hamad
al-Khalifa fa orecchio da mercante, sfoggiando un'indifferenza
glaciale: “Credo sinceramente che questa corsa sia una buona
opportunità, unisce molta gente di etnia e religione diversa”.
Nel
mentre gli agenti disperdevano migliaia di sudditi accalcati su una
delle strade d'accesso al circuito. “Almeno tremila manifestanti
con striscioni e slogan inneggianti a libertà, democrazia e
dignità”, ha riferito l'inviato della tv satellitare al-Jazeera,
che per mesi ha oscurato le rivendicazioni sciite.
Nelle intenzioni
del principe ereditario, che possiede i diritti della corsa mediante
la propria società per l'organizzazione di grandi eventi, la corsa
avrebbe dovuto fornire al mondo un'immagine rassicurante
dell'emirato. Obiettivo fallito.
Quanto alla riconciliazione
nazionale, invocata dal sovrano Hamad, neanche a parlarne. Sheikh Isa
Qassim, massimo leader religioso della shi'a in Bahrein, ha
condannato duramente i regnanti sunniti per aver voluto un evento del
genere mentre il Paese è tormentato da divisioni irrisolte. In un
sermone infiammato ha denunciato la repressione, violenta “come se
fossimo entrati in guerra”.
Eppure finora la situazione non è
stata, almeno ufficialmente, affrontata dalla Lega degli Stati arabi.
Gli attivisti del Bahrein hanno poche chance di ottenere qualche
riconoscimento: la posta in gioco nell'emirato va ben oltre le loro
rivendicazioni. A Manama si scontrano, su scala ridotta ma comunque
significativa, gli interessi delle due super potenze islamiche,
Arabia saudita e Iran.
Entrambe decise a guidare i Paesi musulmani e,
soprattutto, a controllarne le riserve di idrocarburi. Dagli emirati
passa l'assalto iraniano alla penisola arabica, per ora contenuto da
Riad.
(Federica Zoja su Avvenire 22 Aprile 2012)
Nessun commento:
Posta un commento