giovedì 26 aprile 2012

Rivoluzioni di serie B



Torna la violenza in Bahrein, piccolo emirato al largo della penisola arabica in cui una minoranza musulmana sunnita (30%) regna sulla maggioranza sciita. Lì, la primavera araba non ha dato alcun frutto democratico, ignorata dai media mediorientali, tutti finanziati da monarchie sunnite, e da quelli occidentali. 
La ragione è semplice: gli sciiti del Bahrein hanno dalla loro un amico che fa paura a molti, l'Iran degli ayatollah. E così, anche le aspirazioni più nobili, le stesse dei rivoluzionari tunisini ed egiziani, sono rimaste senza voce oppure sono state sminuite. 
Ora la grande occasione di farsi ascoltare, offerta dallo sport: con il Gran premio di Formula uno di oggi, in programma a Manama, i riflettori del mondo sono puntati sul piccolo arcipelago del Golfo persico. Da qui le manifestazioni contro l'appuntamento sportivo, percepito come offensivo in un frangente storico tanto complesso, e la rabbia scatenata contro le forze dell'ordine. Alla vigilia del Gp, dopo ore di scontri durissimi, il cadavere di un giovane uomo è stato ritrovato nel villaggio di Shakhura, a 30 km dalla capitale, nella zona in cui si è tenuta una manifestazione. 
Il decesso è stato confermato dal ministero dell'Interno sull'account ufficiale del social network Twitter: nessuna ricostruzione ufficiale di quanto accaduto è stata fornita. Impossibile, però, negare la gravità degli avvenimenti dopo che Internet è stata sovraffollata dalle immagini degli agenti del regno intenti a sparare lacrimogeni, getti d'acqua e, in alcuni casi, anche proiettili veri. 
Uno dei parenti della vittima, identificata come Saleh Abbas Habib, 37 anni, ha raccontato che l'uomo “aveva partecipato a una manifestazione di protesta”. Arrestato, “non è più tornato a casa”, ha riferito il familiare. Il suo corpo senza vita si trovava sul tetto di una casa. 
Le proteste in Bahrein, soffocate una prima volta un anno fa e poi più volte nel corso dell'anno anche grazie al sostegno logistico dell'Arabia saudita, non colgono di sorpresa: saputa la data dell'evento automobilistico, il movimento giovanile 14 Febbraio ha convocato sui social network quelli che sono stati chiamati i tre giorni della Rabbia. 
Ora si attende di capire se, come chiesto dalla principale forza di opposizione, al-Wefaq, tutta la settimana sarà consacrata alle proteste per piegare il sovrano Khalifa bin Salman Ali Khalifa a concedere alcune riforme. Ma il principe ereditario Salman bin Hamad al-Khalifa fa orecchio da mercante, sfoggiando un'indifferenza glaciale: “Credo sinceramente che questa corsa sia una buona opportunità, unisce molta gente di etnia e religione diversa”. 
Nel mentre gli agenti disperdevano migliaia di sudditi accalcati su una delle strade d'accesso al circuito. “Almeno tremila manifestanti con striscioni e slogan inneggianti a libertà, democrazia e dignità”, ha riferito l'inviato della tv satellitare al-Jazeera, che per mesi ha oscurato le rivendicazioni sciite. 
Nelle intenzioni del principe ereditario, che possiede i diritti della corsa mediante la propria società per l'organizzazione di grandi eventi, la corsa avrebbe dovuto fornire al mondo un'immagine rassicurante dell'emirato. Obiettivo fallito. 
Quanto alla riconciliazione nazionale, invocata dal sovrano Hamad, neanche a parlarne. Sheikh Isa Qassim, massimo leader religioso della shi'a in Bahrein, ha condannato duramente i regnanti sunniti per aver voluto un evento del genere mentre il Paese è tormentato da divisioni irrisolte. In un sermone infiammato ha denunciato la repressione, violenta “come se fossimo entrati in guerra”. 
Eppure finora la situazione non è stata, almeno ufficialmente, affrontata dalla Lega degli Stati arabi. 
Gli attivisti del Bahrein hanno poche chance di ottenere qualche riconoscimento: la posta in gioco nell'emirato va ben oltre le loro rivendicazioni. A Manama si scontrano, su scala ridotta ma comunque significativa, gli interessi delle due super potenze islamiche, Arabia saudita e Iran. 
Entrambe decise a guidare i Paesi musulmani e, soprattutto, a controllarne le riserve di idrocarburi. Dagli emirati passa l'assalto iraniano alla penisola arabica, per ora contenuto da Riad.

(Federica Zoja su Avvenire 22 Aprile 2012)