mercoledì 31 marzo 2010

Elezioni a rischio in Sudan

Come temuto da più parti, rischiano di sfociare in un fallimento le prime elezioni (presidenziali e parlamentari) da 24 anni a questa parte, previste, almeno sulla carta, per la seconda settimana di aprile (11-13).

Bocciata categoricamente la richiesta delle opposizioni di rimandarle a tempo indeterminato per garantirne correttezza e trasparenza, il presidente in carica Omar Hassan Al Bashir, leader del Partito del congresso nazionale (Ncp), accusa come suo solito nemici esterni di fomentare l’instabilità sul territorio e si dice deciso a procedere con le elezioni a tutti i costi, “in difesa dei diritti dei sudanesi”.

Al Bashir, accusato e riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e crimini di guerra dalla Corte penale internazionale (Cpi) – ma non di genocidio - nel luglio 2008, minaccia i suoi avversari di non permettere il referendum per l’indipendenza del Sud Sudan, fissato per il gennaio del 2011. L’autonomia della vasta area meridionale (circa 8 milioni di abitanti), a maggioranza cristiano-animista, è un passo fondamentale nella realizzazione dell’Accordo di pace comprensivo (2005), ancora lungi dall’essere applicato.

Stando così le cose, la partecipazione dei cittadini alle votazioni, specialmente in zone disagiate e segnate dai combattimenti fra forze governative e ribelli come nel Darfur, è pressoché impossibile. In tali condizioni, prevedono gli osservatori internazionali, fra cui 130 inviati dall’Unione europea, sarà il partito di maggioranza, l’Ncp, a trionfare ancora una volta.

L’indipendenza del Sud Sudan e la pace in Darfur in cambio della conferma alla guida del paese? Difeso dalla Lega Araba, dall’Unione Africana e dall’Organizzazione dei paesi islamici, dietro le quinte è probabile che Omar Al Bashir sia stato spinto dagli alleati più vicini a riprendere il percorso del processo di pace chiudendo i fronti interni ed esterni. Al momento, la stabilità nazionale sembra però ancora un’utopia.

giovedì 18 marzo 2010

IslamOnline in sciopero

Continua lo sciopero dei 250 impiegati del sito di informazione IslamOnline.net. Al Cairo, dove i dipendenti sono stati minacciati di licenziamento nel caso in cui non si pieghino ai voleri dell'azienda, il tira e molla con l'amministrazione non sembra allentarsi.

Redattori, grafici, impiegati protestano per la 'virata' verso contenuti via via più conservatori imposta dagli editori, la cui base è in Qatar.

IslamOnline nasce come portale dell'informazione islamica moderata. Sulle sue pagine hanno trovato spazio tematiche quali l'omosessualità, il divorzio, l'aborto e altro ancora. Ora, però, da Doha giunge netto il tentativo di estremizzarne i contenuti, ogni giorno seguiti da oltre 120,000 persone, anche rinnovando la redazione del Cairo epurandone gli elementi meno malleabili.

Nel frattempo, il portale continua a pubblicare news, ma senza il contributo della redazione egiziana, il cui accesso al server è stato bloccato.